ESTRATTO DA “VEDOVA E IL LABORATORIO”.
VENEZIA APRILE 1980

Dallo scritto di Emilio Vedova per l’inizio del primo anno dei suoi corsi alla “Internazionale Sommerakademie für bildene Künste “ a Salisburgo.
All’origine è il disegno aderente al vero, ma con la cancellatura si insinua l’ambiguità.
Nell’ansia affiorano dal profondo la coscienza di qualcosa che sfugge , un ritorno brutale alle origini in cui si perde il senso dell’umano, siamo allo stato brado, comincia l’orrore.

Emilio Vedova

RECENSIONE DI ENZO DI MARTINO IN OCCASIONE DELLA MOSTRA PRESSO LA GALLERIA D’ARTE “FENICE” .
VENEZIA LUGLIO 1983

Ho davanti quattro tele e un gruppo di disegni erotici. Ma le tele non sono propriamente dipinte e i disegni non sono per la verità erotici. Che sono allora? Dei dipinti occorre considerare due aspetti: il rifacimento dell’immagine (il fatto figurale) e la conquista della tela (momento processuale).
Da un lato Michela Favarin opera vere e proprie appropriazioni (Michelangelo, Delacroix ecc.), perché sente di essere proprietaria legittima di tali immagini. Perciò le spiazza, le ricolloca temporalmente e infine le cancella.
La cancellazione (la negazione?) configura il secondo problema, quello appunto processuale, in una ricerca che sembra avere il significato di voler vedere sotto le incrostazioni del mito, dietro i veli della leggenda.
Una sorta di distruzione-identificazione, in una operazione densa di rinvii mentali, allusioni esplicite, riconoscimenti e rispecchiamenti.
E i disegni? Piuttosto che erotici a me appaiono un allucinante catalogo della crudeltà, un inquietante repertorio visivo delle immaginazioni del Marchese.
Sarà per questo che posseggono il sottile ed ammaliante fascino della perversità: risultano perciò immagini molto belle perché, per l’appunto, sono immagini di innocenza.

Enzo Di Martino

DA UNA COLLETTIVA ALLA GALLERIA D’ARTE “FENICE”.
VENEZIA 1984

“Immaginate l’impressione dell’umanità che riceverebbe un osservatore marziano, il quale, dopo un difficile procedimento di preparazione e con grande fatica degli occhi, potesse scrutare Londra da un pinnacolo della St. Martin’s Church per periodi di quattro minuti al massimo”.
H. G. Wells

Viveva e lavorava a Venezia e a Milano.
È stata presentata più volte da Emilio Vedova come “artista emergente della sua scuola”, all’Accademia di Belle Arti di Venezia.
La prima personale a Venezia è alla Galleria Fenice che ripresenta l’artista a Parigi l’anno successivo, 1984, in occasione del secondo “Festival de l’Erotisme”. (…)

Quel che rende interessante il suo lavoro è l’elaborazione intorno allo “straniante”, ciò che Freud chiama “das Unheimliche”. Tale significante, che concerne l’oggetto mobile della pittura, specifica la relazione con la psicanalisi.

DA UNA COLLETTIVA A PALAZZO MICHIEL. VENEZIA 1985

IL RITRATTO E L’IMMAGINE ELETTRONICA

Il ritratto è stato per me l’occasione di elaborare la nozione di straniante (unheimlich, come lo definisce Freud) nell’immagine, ritrovando nel colore l’oggetto causa della pittura.
Il personaggio, che appare familiare, risulta estraneo ciascuna volta che faccio un ritratto, per via della differenza che indica come non vi sia la ripetizione dell’identico.
Io parlo dell’attore nella pittura non come il personaggio che possa indossare o togliere la maschera ma come indice dell’immagine temporale.
Si tratta quindi di una nozione diversa di attore, come ciò che si trova in atto nell’immagine.
Ecco perché parlo dell’attore non relegandolo al personaggio del cinema e del teatro.
A proposito di questo, nella più recente esposizione che ho fatto nella videodiscoteca “Memorabilia” di Jesolo Lido, ho dato una testimonianza della mia ricerca, presentando quindici ritratti di Robert De Niro.


Terra Fuoco Fuoco